L'affresco, che significa pittura a fresco, cioè condotta su un supporto ancora umido, è una tecnica pittorica murale che si avvale del principio di fermare i pigmenti minerali o le terre sospesi in acqua nell’intonaco ancora umido, usando la carbonatazione della calce. Ciò avviene per reazione chimica, infatti la calce presente nell’intonaco si combina con i gas carboniosi dell’aria e, trasformandosi in carbonato di calcio, dà vita ad una superficie capace di assorbire lo strato pittorico e di determinare il fissaggio al supporto. Nella pittura a fresco, poiché l’intonaco assorbe immediatamente il colore, ogni fase della lavorazione deve essere prestabilita senza lasciare nulla all’improvvisazione, dal momento che i ristretti tempi di esecuzione richiedono un procedimento veloce, eseguito senza errori, anche perchè non è possibile apportare alcuna correzione o ritocco, se non a secco, cioè a intonaco già asciugato, o rifacendo l’intonaco. Di grande importanza nell’affresco è la preparazione della malta e dell’intonaco da stendere sul muro, il quale può essere di pietre o mattoni, ma mai misto, e comunque deve necessariamente essere esente da tracce di umidità. Il rivestimento del muro avviene attraverso tre successivi momenti, a cui corrispondono la preparazione di altrettanti strati, il primo dei quali, il rinzaffo, preparato con uno strato di calcina grassa e sabbia, si presenta molto ruvido e grossolano. Sul rinzaffo viene successivamente disteso un secondo strato di intonaco più fino, detto arriccio per la superficie leggermente scabrosa ed arricciata che lo caratterizza: si tratta di uno strato ruvido, ma meno irregolare del primo. Sull’arriccio umido si applica quindi l’intonaco o tonachino destinato a ricevere il colore: questo strato finissimo, che si compone di sabbia fine, polvere di marmo e calce, andava tenuto umido per tutto il tempo della coloritura. |
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Questa tecnica variava secondo le epoche e i luoghi. In Italia da una fase antica a pontate, in cui l’intonaco e il colore venivano dati rapidamente per zone secondo l’andamento orizzontale del ponteggio, si passò nel Due-Trecento alla lavorazione a giornata, in cui l’intonaco veniva steso e lavorato giorno per giorno. In questo periodo si ha anche l’introduzione della sinopia, ossia del disegno preparatorio sull’arriccio, fatta con terra rossa di Sinope, dalla città omonima sul Mar Nero. Il disegno con la sinopia consentiva di avere direttamente sul muro sia una prova generale delle parti da affrescare, sia l’individuazione degli spazi da coprire giornalmente con il tonachino, sia una veduta di insieme dell’opera da realizzare. Con un filo intinto nel carbone venivano suddivisi gli spazi da affrescare, quindi con il carboncino si procedeva alla vera e propria resa della scena, fissando il disegno generale con il colore ocra diluito. Lo studio dell’esito definitivo veniva fatto tratteggiando tutte le parti da affrescare con la sinopia. Ogni giorno quindi l’artista era in grado di assegnarsi le parti da comporre: stendeva l’intonaco sulla bozza a carboncino, creava il disegno con la sinopia e passava a colorare in modo definitivo la parte. La stesura del colore avveniva gradatamente, partendo dalle ombre si stendevano prima le zone più chiare, per arrivare progressivamente ai toni più vivi. Nel Quattrocento la rappresentazione prospettica, che richiedeva giusti calcoli e non consentiva improvvise correzioni, portò a sostituire la tecnica della sinopia con quella del cartone con lo spolvero e successivamente con l’utilizzo del solo cartone con il calco delle figure. Il cartone consentiva di studiare, preparare e conoscere il disegno definitivo, il quale, eseguito a grandezza delle figure da realizzare, veniva perforato seguendo le linee della composizione. Posto a contatto dell’intonaco veniva quindi battuto con un sacchetto contenente polvere fine di carbone vegetale che, penetrando attraverso i fori, lasciava sul muro una lunga serie di puntini di colore nero, equivalenti al conterno stesso del disegno. Molto spesso l’artista per evitare di perdere la traccia della composizione la delemitava con piccole punte o chiodi. Verso la fine del Quattrocento allo spolvero si sostituì l’uso del solo cartone che veniva poggiato sull’intonaco fresco: in questo caso l’artista procedeva con una punta a calcare le figure, delimitando quindi le parti da affrescare. Il disegno preparatorio era formato da più parti in scala: dal disegno d’insieme, con il sistema della quadrettatura o rete, si passava a comporre più parti, tracciate proporzionalmente in scala sull’ intonaco. Nel Cinquecento la novità fu data dalla ricerca di esiti più vibranti e pastosi nella materia di superfice, per cui all’intonaco fine, che crea una chiara compattezza, si sostituì un intonaco granuloso o ruvido. |
La tecnica della pittura a fresco, pur non prevedendo l’uso dei colori fissati a secco, ha visto in tutte le epoche l’abitudine di corregereil dipinto con colori a calce o tempera. La pittura a tempera sul muro secco consentiva numerosi vantaggi quali l’uso di un’ampia gamma di colori, la verifica immediata dell’esito o tono del colore, che non era possibile nell’affresco poiché i colori, asciugandosi, cambiavano di tono, e la possibilità di apporre correzioni coprendo o raschiando il colore, visto che non veniva assorbito dall’intonaco. Mentre i colori a fresco, proprio perché assorbiti all’intonaco, avevano una notevole resistenza, la pittura applicata a secco si deperiva velocemente. |
S | Silvio Scarafiotti: decoratore, restauratore ed artista. Potete contattarmi al numero 347.4129359 |
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